Il Lavoro di cura – Riflessioni del 1° maggio 2019

Quest’anno le Opere Pie d’Onigo desiderano augurare a tutti uno splendido 1° maggio facendo proprie le riflessioni della Vicedirettrice Carmela Vera, rivolte a Colleghi, Collaboratori, Famiglie e a tutte quelle Persone con cui quotidianamente si condividono le fatiche e le gioie di un lavoro che, oltre la professionalità, richiede tanto ma tanto cuore…

Buon 1° maggio a tutti!


 

Il LAVORO di cura

Riflessioni del PRIMO MAGGIO 2019

L’intento di queste riflessioni non è quello di promuovere una professione, ma di riflettere su percorsi professionali e sociali. L’avvio del ragionamento impone brevi cenni preliminari sulla qualità delle relazioni umane nel contesto sociale attuale. Contesto in cui parecchie variabili con accezioni negative ne influenzano le dinamiche. E’ necessario soffermarsi sul fatto che, da quando ha preso sopravvento il pensiero dell’IO unico e trino e del pensiero “lo voglio, lo prendo anche se provoco dolore e danni persino a me stesso”, si assiste ad un decadimento innaturale dei rapporti umani. Innaturale perché nasciamo per essere felici e per rendere felice chi ci sta intorno e non nasciamo certo per soffrire o creare sofferenza. Non è però questa la spinta a scrivere qui e ora, mentre l’ispirazione nasce dal vivere quotidiano e dall’osservazione di comportamenti personali, professionali, di ruolo che rilevo ogni giorno nel luogo di cura in cui sono a servizio da 23 anni.

Lavoro, spesso seduta alla scrivania, davanti ad un pc. I miei rapporti professionali sono circolari, da e verso l’esterno, scambi con micro e macro organizzazioni, interni, da e verso i nuclei residenziali e diurni. Leggo e rileggo, scrivo e riscrivo, mi muovo e parlo, ascolto molto, osservo il linguaggio verbale, ma anche non verbale di chi incontro. Chi incontro? Nessuna persona in prossimità di un viaggio in luoghi caldi ed esotici, incontro persone che hanno già percorso un pezzo di strada attraverso servizi che le hanno prese in carico in un processo di aiuto sanitario e sociale. Incontro persone che hanno sofferto e soffrono spesso senza una speranza di guarigione. Incontro famiglie esasperate dalle malattie, nuclei familiari molto uniti nella sofferenza o squarciati dalla sofferenza. E’ un dolore evidente a cui non ci si abitua anche se si tratta di sofferenza di altri, di estranei. Sono storie di vita, diverse tra di loro perché il dolore si annida in storie già esistenti, in capacità innate e debolezze insite.

Chi altro incontro? Mi pregio di incontrare un grande Direttore e Colleghi : Responsabili , Infermieri , Socio-Sanitari, Medici, Fisioterapisti, Logopedisti, Educatori, Assistenti Sociali, Psicologi e poi incontro chi come me sta dietro le scrivanie , i Colleghi degli uffici amministrativi e chi si adopera per far funzionare i servizi accessori: la Ristorazione, la Manutenzione, la Lavanderia, le Pulizie e incontro chi , con sapienza Coordina le Scuole per l’infanzia chi fa funzionare i trasporti e chi regala gratuitamente il proprio tempo. E’ così, si muovono piccole squadre nella grande squadra che ha come unico intento quello di dare protezione a chi non è in grado di proteggersi da solo.

Incontro il Presidente e Amministratori che si fidano ed altri che per fidarsi chiedono , scandagliano incuriositi e mostrano fiducia . Il processo d’aiuto svolto da Personale appositamente formato e professionalizzato presuppone un lavoro accurato con un alto tecnicismo ed è un dovere, ma ciò a cui assisto e che incontro ogni giorno sono i bei sentimenti. Non è vero che si è pervasi dalla bruttezza, non è vero che tutti i lavoratori sono menefreghisti ed insensibili. Io vedo lavoratori “trattare” Persone non a loro unite da vincoli di parentela, ponendosi con sentimenti forti, passione ed attenzione. Vedo lavoratori soffrire per i mancati risultati e gioire per i successi, li vedo stremati davanti all’ennesima perdita ed entusiasti innanzi al buon risultato. Si i buoni risultati ci sono spesso, sia quando si assiste ad una totale o parziale guarigione compatibile con la malattia ma anche quando si è svolto un tenero accompagnamento. Il tenero può arrivare solo dal cuore ed io lo incontro tutti i giorni. La conoscenza della tecnica, da sola, non basta.

L’involuzione economica legata alla carenza ed esiguità delle risorse, prima apparentemente infinite ora quasi finite, non ha portato solo disagi ha portato anche umanizzazione come se il male facesse emergere con più enfasi le anime belle che creano un valico agevole tra i disagi.

Nel trambusto della lamentele anche lecite si perde così il coraggio di ringraziare chi invece lavora con passione impiegandosi in un lavoro che non svolge certo per un alto riconoscimento stipendiale.

Così si perde di vista la gratitudine che motiva gli Operatori i quali non ricevono un riconoscimento dato dalla valutazione positiva del loro operare quotidiano mentre continuano a ricevere richiami correttivi.

Ai non addetti ai lavori vorrei dire che esistono protocolli operativi formalizzati che guidano nella presa in carico, l’accompagnamento, la verifica e la dimissione e che si tratta di operazioni predefinite e rigide da seguire secondo un percorso logico ispirato da letteratura appositamente prodotta ma vorrei dire anche che non si applicano in maniera fredda ma che anzi sono arricchiti di competenze emotive.

Agli addetti ai lavori invece sento, soprattutto, di dire grazie, grazie per quanto mi permettono di osservare nei miei giri. Avete il dovere di lavorare bene e con passione invece ci mettete amore, dalle diverse prospettive siate guida per chi ancora un po’ inesperto non ha trovato la via e siate guida a chi lavora da tanto tempo e manifesta stanchezza, dategli i giusti consigli e rendetelo migliore, lo arricchirete di serenità e non appena gli sarà possibile diventerà un esempio a sua volta e contagerà con le sue azioni positive.

C’è bisogno di contagio positivo.

E’ vero il lavoro di cura non è per tutti ma ho visto corsisti approcciarsi senza alcuna idea di lavoro sociale ed essere oggi i primi a correre quando gli eventi ne richiedono l’attenzione.

Si può imparare tutto, anche ad amare se lo si vuole.

Ai Familiari chiediamo che, come stanno facendo, continuino con la presenza costante e la critica costruttiva, è ciò che serve per migliorare i nostri punti deboli, le carenze che non individuiamo sempre autonomamente perché ci poniamo dall’altra parte e da soli non possiamo farcela per mancanza appunto di una veduta complessiva. Solo in questo scambio continuo, possiamo dare, a chi ne ha bisogno, il meglio che merita non dimenticando che, chi ne ha bisogno, domani, saremo noi.

GRAZIE
Vice-direttore dott.ssa Carmela VERA

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