Il telefono è rimasto muto per tutta la notte: per me anche oggi è Natale.
La speranza è ancora viva.
Ecco la tagliafuoco, premo il pulsante apriporta, passi affrettati che rallentano davanti alla guardiola. Un saluto frettoloso ai ragazzi per poter correre, con ansia, da te. Mi approssimo alla camera, il mio passo indugia nuovamente e allungo l’orecchio per intuire da fuori com’è e come sarà la tua giornata.
Una miscela di apprensione e desiderio mi accompagna dentro la porta. “Ciao Maria, scusami se sono in ritardo”.
Mi avvicino… una sbirciata ai tuoi occhi. Sono persi nel vuoto, naufragati nell’immenso mare della tua solitudine. Durante l’errare senza meta della tua coscienza, ho il tempo di osservarti; inerme, galleggiante in quel letto di quotidiane terrificanti, inspiegabili, inconcepibili, continue, assurde sofferenze.
Ed ecco che allora prendono forma, senza evocarli, dentro me mille pensieri, mi aggrediscono senza pietà: dal dolore che Claudia e Francesco tengono celato con grande dignità, forza e coraggio nel loro cuore, a quello che poteva essere il nostro futuro, alla gioia immensa che i nipotini ti avrebbero donato e che avresti adorato con tutta te stessa e poi le solite domande che non trovano risposta: perché proprio tu? A chi servono queste sofferenze? ….. mi assale lo sconforto.
Poi un fremito, il torpore ti abbandona e tuoi occhi cercano i miei che sono velati e vedono solo forme sfumate. Comincia così un incrocio frenetico di sguardi. Cosa vuoi dirmi Maria? Io ora non lo capisco più, non vedo più bene o… non voglio ascoltare.
Accompagni i tuoi occhi, divenuti assordanti, da un coro di impetuosi lamenti. Anestetizzo vigliaccamente la mia coscienza alzando una barriera acustica di monologhi e distrazioni più diverse per respingere distante da noi questa marea di dolore, perché non riesco più ad accettare la tua sofferenza.
Poi mi sorridi finalmente e sulla tragedia greca si chiude il sipario; non ricordo più nulla…
Tutto passato? Chissà?
Nell’uscire dalla tua camera, sento che il pavimento è sabbia mobile; stento a camminare, sprofondo lentamente, non riesco ad andare spedito verso la tagliafuoco. Non sei tu che mi trattieni. Intuisco di essere confuso e disorientato, non ce la faccio ad andare avanti da solo, in una parola ti sto tenendo tenacemente stretta a me!
In tutto questo tourbillon di contrastanti emozioni, rientro in casa, mi preparo per la notte e spero, nonostante tutto, che anche domani sia Natale.
Care maestranze delle Opere Pie, Vi benediciamo per tutto il bene che continuate a farLe e per questo non riusciremo mai a sdebitarci.
Antonio, Claudia e Francesco